Oggi vorrei parlare di pazienza, quello stato d’animo di chi, di fronte ad un evento doloroso o spiacevole, reagisce in modo neutro, modalità di reazione neutra. Ciò non significa che la non reazione sia una manifestazione di non sofferenza, tanto che la parola pazienza ha origine dal latino “patire” (cfr. il greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale).
La pazienza è la qualità e l’atteggiamento di chi è in grado di accettare i contrattempi, le avversità, le difficoltà e il dolore con animo tranquillo. Animo tranquillo, che significa che sa placare l’animo di fronte al dolore.
Qualità che ogni essere ha necessità di far emergere da dentro di sé per poter vivere al meglio, così come dice un proverbio turco “la pazienza è la chiave del paradiso”.
Chiaramente qualcuno ha detto che occorre proprio tanta pazienza per impararla.
Il fantastico Tommaso Moro si raccomanda di avere la forza di cambiare le cose che può cambiare, di avere la pazienza di accettare le cose che non può cambiare, ma soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.
Resta fermo, pertanto, a parere dei più che una delle doti più importanti assieme alla fiducia in sé ed alla perseveranza sia proprio la pazienza. Poniamo per assurdo che nessun essere umano o vivente in generale abbia la pazienza e tutto accadesse all’istante stesso, dunque, all’istante stesso della creazione, cosa non ci sarebbe più? Il tempo ! E se non ci fosse più il tempo? Non ci saremmo più noi e nulla sarebbe. Dunque per far si che ci sia vita ci deve essere il tempo, che esiste se l’universo e le sue manifestazioni gli conferiscono la pazienza.
Il Buddha ha detto che la pazienza è la più grande delle preghiere. Perché? in che senso? Se non faccio nulla e non reagisco prego? Ebbene si. Personalmente ritengo che la preghiera sia una manifestazione di fede in qualcosa che so già che poi sarà. Quindi se mi affido alla manifestazione ed al tempo esplico il principio della pazienza. Mica male direi!
La pazienza tuttavia, a dispetto della propria etimologia, può essere anche intesa come l’attesa di un momento, che poi sarà già di per sè piacevole, di gioia e di soddisfazione. Penso ad una madre incinta che, per ben nove mesi, aspetta con gioia e talvolta dolori di vedere e di portare alla luce ciò che si può definire una manifestazione di se stessa. Allo stesso modo la pazienza sul lavoro o studio, pazienza che, legata alla determinazione, grazie a ragionamenti logico deduttivi, porta il soggetto ad attendere in pace l’esito e la realizzazione del proprio fine; così come una coppia di innamorati con pazienza spesso si devono sopportare e la stessa attesa il più delle volte porta i suoi frutti di amore cosciente.
Questa dote, pertanto, fa miracoli, risolve e sormonta mari e monti, che altrimenti non spesso potrebbero venir distrutti dalla smania del “tutto e subito ora”. Ma come si può fare a tenere alta dentro di noi tale qualità e far si che non ci si perda in un mare di istinti sconfinato e retto da bisogni, che spesso non coincidono con i nostri veri obiettivi. Intanto si consiglia di respirare, inspirare ed espirare e poi chiedersi cosa può avvenire di tanto gioioso e buono per sé a seguito dell’attesa. Spesso è proprio questo il segreto, la certezza che saremo premiati, dopo tanto dolore, da noi stessi per la forza e costanza nel non cedere alla reazione incondizionata del nostro inconscio. Qui direi che il conscio debba prevalere su di noi aiutato dalla connessione divina di ognuno di noi con il cosmo che ci fa già sapere cosa è buono e giusto per noi.
Donnasapiens
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